La luna di Bologna

Oggi molti, soprattutto gli anziani, dicono che a scuola non s’impara nulla. Ma anche in passato non si scherzava mica.  Ecco qui un aneddoto che ho sentito raccontare mille volte dai vecchi contadini, quando mi vedevano andare a scuola carico di libri. Una storiella che la dice lunga sulla diffidenza contadina verso la cultura scolastica, fatta di nozioni imparate a pappagallo, che poi non s’incastra per niente con le cose e i casi della vita di tutti i giorni. Probabilmente risale addirittura al medioevo, quando l’università era solo a Bologna. Ecco come, da buona toscana, me la raccontava mia nonna:

Poeri mi’ quadrini…

Un contadino avea mandato i’ su figliolo a studiare all’Università di Bologna, che a quei tempi era l’unica in Italia. Il ragazzo ‘un faceva altro che chiede’ di mandagli quadrini per compra’ tutti i libri che gli ci volevano. I’ babbo, tirava la cinghia, lavoraa come un ciuco, e tra una bestemmia, un mugugno, e un ringraziamento al cielo perché avea un figliolo così istruito, di mala voglia provvedeva sempre. Dopo un po’ d’anni i’ giovane tornò a casa e i’ padre n’andava assai orgoglioso e gli parea d’ave’ tra le mani chi sa icché. Una sera d’estate, mentr’erano tutti a veglia sull’aia sotto la luna, i’ ragazzo domanda al genitore: “O babbo, ma questa luna qui, che è come quella di Bologna? O è un’antra?”.  I’ babbo restò senza fiato, e senza rispondegli neanche, alzò gli occhi a ‘i cielo e strillò:” Poeri mi quadrini, come l’ho spesi male!”.

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