In questa poesia, composta per il premio letterario nazionale Bukowski, e pubblicata nel volume di autori vari “Bukowski. Inediti di ordinaria follia, vol. 5”, non c’è ovviamente né rima, né metrica tradizionale.
Mascherata melodrammatica
La falena non può più tacere e ulula raffiche di fuoco. Ragnatele bianche di morte saldano gli squarci della notte, paralizzano la libertà.
La notte è una vasca di pace, immobilità che si perde tra gli abissi. I pipistrelli possono anche dibattersi, schiantarsi contro la muraglia di fiele; hanno la veste del Male, e l’Ordine si solidificherà. La notte è brulichio di serpenti, e/o serpente che si morde la coda.
Attenti alle stelle che cadono: esploder le senti nel cuore, ma pronta è la pattumiera, a ingoiarle con occhio metallico, e a tener pulita la fossa.
Nel centro della notte, talvolta, carogne di stelle affiorano, dalla furia, vomitate, del mare, cadaveri bianchi degli abissi, grandi esseri dagli occhi afflosciati e pallidi.
In ordine come l’asfalto, si accendono all’alba le spiagge. Sciacalli d’amianto, bianche ombre silenti, hanno già anestetizzato la scena e il tuo cuore sentiva, nel sonno, i passi loro pesanti sugli occhi, il loro vuoto inorridire i capelli.
Ma gli addetti già accesero il sole, che diritto rimane di urlare, la commedia andar deve in scena, la Normalità è una trappola vischiosa, i impaniato nei sogni ammutolì l’usignolo.
Le ali spezzate di farfalla non ti possono più svegliare, tu stesso le hai ben sepolte, furtivamente, nella piaga putrefatta, nel fianco di un corpo non tuo.
Mangia, lavora e godi, fratello, lavora e non attristarti, il tuo strazio non esploderà mai sulla scena: la libertà di dissoluzione infinita – pesci dannati saltano fuori dal vaso, in volo verso cieli d’acido autodissolvimento – non è che un miraggio lunare, vertigine che i proiettori non illuminano. Il coro allucinante di vita tradita, in inesorabile apnea, sotto la montagna di rifiuti, l’anima sputò col respiro.
Ululare coi cani alla luna – sanzionato come disturbo alla quiete – al veggente nottambulo si consente, di digrignare le fauci contro il cerchio stregato dell’orizzonte il folle ha ancora diritto. Il suo ululato è oltremondano silenzio, l’Ordine si solidificherà.