Oggi si festeggia Sant’Antonio Abate, protettore di stalle e animali. Niente di più lontano dal mondo di oggi, ma io, che gestisco senza alcun tornaconto una pagina di cultura popolare e contadina, sono convinto che un po’ d’aria di campagna e il sano odore del porcile non faccia male a nessuno. Così voglio raccontare una vecchia novella sul Santo, più profonda e piena di implicazioni di quanto possa sembrare. Un tempo nel mondo il fuoco non c’era proprio, e gli uomini dovevano nutrirsi di carni crude, morivano di freddo, e non potevano difendersi dalle belve. Le cavità dell’Inferno invece traboccavano di esso, custodito però gelosamente dai demoni, che impedivano a chiunque di portarlo via. – Andrò a prenderlo io – disse subito il Santo eremita, invocato dalla gente. Naturalmente nessuno dei suoi compagni, né degli animali che teneva con sé, lo volle seguire. Ma un maialino, grufolando in continuazione, lo accompagnò fino alla porta degli Inferi. Il diavolo, visto il Santo, suo nemico mortale, gli sbatté la porta in faccia, ma con un bel calcio tirò dentro il porcellino con l’intenzione di mangiarselo arrosto. Il maiale però, specialmente se piccolo, guizza via da tutte le parti, sguscia dalle mani come un’anguilla, e riusciva sempre a sfuggire dalle grinfie di quei maledetti cornuti, e sempre grufolando metteva sottosopra tutto l’inferno. Il diavolo, non sapendo più che pesci pigliare, si vide costretto a richiamare il Santo perché si riprendesse quella peste scatenata. Santo Antonio, che altro non aspettava, entrò appoggiandosi a un bastone di sambuco, che è cavo, e infilandone la punta sulla brace, riuscì a trafugare, senza farsene accorgere, qualche carbone acceso, e una volta fuori poté accendere il primo fuoco. Da allora il maialino è sempre accanto a lui e gli uomini ebbero il dono del fuoco. E da lì, da quel fuoco, ebbe origine tutta la civiltà. Ora, questa storia, che nasce da un abbaglio clamoroso su cosa simboleggiasse il maiale nelle più antiche raffigurazioni del Santo, giunge, forse inconsapevolmente, a una profonda verità. Il fuoco, e con esso la civiltà, viene dall’inferno. Da lì la sua ambivalenza, il carattere anche distruttivo che essa spesso ha, e tutti i nostri guai.