La stalla una volta non serviva solo per gli animali. D’inverno, vuoi per il fiato e la grossa mole dei bovini, la paglia, e forse anche per la fermentazione di orina e vaccina, era la stanza più tiepida delle gelide case contadine. Per questo, come si vede nell’immagine, nelle lunghe serate invernali, lì ci s’intratteneva per le veglie, che allora si usavano, ma anche per i vari lavori da fare all’interno, tipo preparare i salci, o intrecciare delle ceste, levare i cartocci alle pannocchie di granturco, ecc. Ma assai meglio di me il poeta Renzo Pezzani ci riporta in quei tempi con questa sua poesia.
La stalla
Ti scuoti la neve dai piedi,
la neve dal nero cappotto
e in questo calduccio ti siedi.
La stalla diventa un salotto.
Si sta volentieri raccolti,
col nonno che fuma, con l’avola
che fila narrando una favola.
Non sei più un bambino e l’ascolti,
e lasci che il cuor si diparta
da te, su quel fiume innocente
come una barchetta di carta
rapita da fresca corrente.
Chi è giovane, intanto, spannocchia.
Nessuno sta senza far nulla.
La mamma tien d’occhio una culla,
e il vecchio ha già sulle ginocchia
un bimbo mietuto dal sonno
e un ricciolo d’or gli ravvia.e,
accanto alla mucca che rumina,
'l cuore la illumina.
Il gelido odor della neve,
ti porta con sé nel mantello
chi viene da fuori e saluta.
Ma il cuore la stalla tramuta
in caldo e difeso castello.