L’Epifania nella nostra tradizione celebra l’arrivo dei re magi che attestano la divinità e la regalità del bambino Gesù. Con i doni che si richiedono ad un re. Ecco cosa ne penso io, in un brano tratto dal mio poema ”La via santa”.
E quei tre re remoti e strani,
un po’ pavoni, un po’ marziani,
piovuti dai cieli infidi d’Oriente,
a vedere ed offrire… il niente.
Venuti pomposi da un paese lontano
a portar quel che v’è di più vano:
incenso, mirra e puro oro,
malanno grande, più che tesoro.
Meglio l’oro della paglia
che la falce a luglio taglia,
del metallo eterno e puro,
per la bocca freddo e duro.
E l’incenso che alto sale?
Alchimia da Carnevale.
Su, non arriva, infino al Cielo,
e del mondo è nebbia e velo.
A consacrar va reami di terra,
rei di soprusi, di fame e guerra:
profuma marcio, lutti e fetore,
prosperar lascia male e dolore.
Effluvio cupo è del Divisore.
E va ai cadaveri, l’aulente mirra.
Viva, per i vivi, la bionda birra!
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