SON IO LA MORTE, E PORTO CORONA, cantava Branduardi negli anni ’80. Ma non era una profezia del corona virus, quella frase è scritta negli affreschi quattrocenteschi dell’Oratorio di Clusone e compare in tanti canti medievali. Ecco alcuni brani dal mio poema “La via santa” sulla danza macabra tanto rappresentata nell’iconografia medievale.
Al passo delle Cento Croci
… Tre squilli cupi lancia civetta
dal campanile ove s’erge a vedetta.
In mezzo al chiostro, a una tavolata
gente s’abbuffa, un’allegra brigata.
Ma una ronda di scheletri bianchi,
flessuosi, calcinati, ghignanti,
tra le colonne, intorno al cortile,
sfila leggiadra con meccanico stile.
…………………………………………..
Inflessibili, e insieme intriganti,
a danza invitano tutti gli astanti.
Traina i viventi, la bianca ronda,
coppie si formano in figura tonda;
cigolio arido, giunture stridenti,
oscillar molle e sbatter di denti.
Lievi e sciolte le ombre di ossa
ben ripulite da terra di fossa;
più riluttanti, tardi e impacciati
gli arti dei vivi ancora incarnati.
………………………………………….
Danzavano, giravano in tondo,
ammutoliti, sulla faccia del mondo.
Niente da dire, niente da fare,
c’est la vie, così è se vi pare.
La falce sibila, per tutti uguale,
straccia le maschere di carnevale.
«In me si specchia d’ogni creatura
l’imago vera, l’essenza pura».
A ogni giro scompare un dei vivi,
in un nero pozzo tra dolci declivi.
A ogni giro per uno è finita,
è il gioco e il ballo di morte e vita.
Sette volte sette, e degli astanti
sol ombre restano, e ossa danzanti.
Gira la giostra come impazzita,
vortica la giostra di morte e vita.
«Sono la morte che porta corona,
signora son di ogni viva persona.
Toccata non son da bene o da male,
incarno la Legge per tutti uguale».
Ognuno al suo posto, al canto del gallo,
finita è la festa, e dei morti lo sballo.
Vision fu forse di malefica notte?
Tornare, è meglio, a pigliare e dar botte.
Discende la scala tra rami contorti:
riversi sul tavolo sette corpi di morti.