Un cantastorie non scrive solo cose sdolcinate e serenate ma per tradizione millenaria incalza e critica in forma scherzosa i potenti di turno e fa satira sociale e civile. Così faccio spesso anch’io, che qui prendo di mira l’ennesimo taglio di alberi preannunciato. Con un’indifferenza, anzi un’ostilità verso la natura che ormai è prevalente tra gli italiani.
Taglia tu che taglio io
Taglia tu che taglio io:
creò gli alberi il buon Dio,
ma ormai sono superati
e esser devono estirpati.
Più non servono a un bel niente
e anzi cadon sulla gente.
Questo è l’ultimo Vangelo
che non vuole fronde in cielo
Se ne van senza un lamento
e già pronto c’è il cemento,
liscio, comodo e ordinato,
“E se poi ci manca il fiato?”.
Anche l’Amministrazione
non intende più ragione:
“Che ci fanno tigli e pini?
Buoni solo a far casini
e non portano quattrini.
Per le piante non c’è posto,
ruban spazio e hanno un costo:
chi non ci arriva è bello tosto!”.
L’assessore poi è seccato,
un uccellino gli ha cacato
– Che selvaggio, che screanzato! –
sulla zucca un po’ pelata:
“Che ogni pianta sia segata!”,
Toccò già alla Pinetina
e ora è al sole la panchina,
e taglia oggi e poi domani
la città è adatta ai marziani.
E pensare che una volta
c’era un albero a ogni porta.
Da piazza Gramsci a via Masini
grandi lecci e freschi pini,
in via Busoni e via Vanghetti
tanti c’erano alberetti.
Adiacenti alle Cascine
tutte alberate le stradine.
Proprio dalla Rimembranza
cominciò la gran mattanza,
ed ormai in viale Buozzi
tutti gli alberi son mozzi
e per arrivare alla stazione
picchia forte il solleone.
E i bei pini in via Palestro?
C’è d’asfalto un gran deserto,
e in via Undici Febbraio
ne tagliaron più di un paio.
Ma viale Quattro Novembre
cara Giunta non si arrende!
