Il Venerdì Santo

La mia poesia letta all’Associazione “Poeti solo poeti poeti” per la serata di letture pasquali

Venerdì santo

Niente più tenue v’era dell’incanto

che gli occhi, l’ora e il luogo incatenava.

Spirava tra germogli e fiori,

e appassiti petali vaganti,

da marine distese un venticello,

a scompigliar capelli e desideri.

Splendeva aprile nella sua lussuria,

di lieti brusii e canti ridondante.

Folate a sprazzi di ciliegi in fiore

di nettare, flagranti, e densa vita.

Ma un silenzio gravava, di campane,

in attesa di luce vera, incatenate:

di quella luce che il tramontare ignora,

e l’ombra, e il gelo, e le morte stagioni.

Sul prato verde-vivido l’agnello

con le corna affiorate dalla lana,

inavvertite ancora e tenerelle,

non inseguiva più i bimbi già stanchi,

ma su un mucchio di letame come eretto,

gli occhi volgeva a misteriose altezze,

d’antico idolo a sembianza,

bronzeo e superbo contro un purpureo cielo…

o vittima che di spietata lama

il luccichio presagisce e il freddo strappo.     

Palpitante e furtivo anche un coniglio

sporgeva da fessure del pagliaio

l’indifeso e timido musetto

che un’umana mano

atrocemente stringerà in una morsa

soffocante e implacabile, domani.

Il giubilar non s’udiva ancor di rondini

fiacche e spaesate dal lungo viaggiare.

Uova bolliva bianche la massaia.

Essenze dolci, forme ed echi

altri mondi evocanti ed altre gioie,

anime in altre anime e cose rispecchiate.

Bello troppo a vedersi,

bello… e triste.

Malinconia della beltà fugace,

del naufragar inesausto delle cose,

sempre all’aspetto dolci e amare al dente.

Diluirsi in visione e rimembranza

d’ogni parvenza che la vita coglie.

L’Eterno e l’Infinito essere solo

 In ciò che non è presente… o che non è.

Tutto era labile, fugace come il vento

che in dolci ondate il grano giovinetto culla,

come lo scorrere inavvertito del tempo

che tutto deteriora e porta via.

Come noi esseri umani sordo e cieco

che il frale filo d’erba calpestiamo

e la maledizione antica

col nostro e l’altrui sangue rinnovammo;

che gli agnelli e le colombe sempre,

a patiboli e croci, appenderemo.

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