Primo Maggio con SANTA GRANIA, la Santa bambina protettrice di Capraia
Della sua vita niente si sa, se non che fu una martire del quarto secolo, riesumata dalle catacombe nel 1646. Che fosse una bambina di sei o sette anni si è dedotto dalla statura del corpo. Tanti racconti, piuttosto confusi, parlano invece delle vicende di quelle reliquie, una volta giunte a Capraia. Pare che il corpo della Santa, più volte portato a Bibbiani, nella cappella della villa dei marchesi Frescobaldi, di notte tornasse sempre a Capraia. Storia che, se pur non verificata, è del tutto verosimile. Nelle cronache delle vite dei Santi non mancano le contese campanilistiche tra i vari paesi per il possesso delle sacre reliquie. Il perché è molto semplice, in antico avere la protezione di un Santo aveva più importanza per il benessere della comunità di quella che può avere oggi un ospedale, o l’ufficio postale o la caserma dei carabinieri. Nel nostro caso, se si legge un po’ tra le righe, non è difficile immaginare come sia andata la storia. La lapide dell’urna del sepolcro romano originale della Santa si trova ancora oggi nella cappella dei Frescobaldi. Si dice che il popolo di Capraia ne fece dono al marchese nel 1754. E’ assai più probabile invece che sia stato lì fin dal 1652, anno in cui fu trasferito dalle catacombe, insieme al corpo della Santa, e che alla fine il potente marchese, di fronte alle insistenze della comunità religiosa di Capraia, si sia tenuta la lapide ed abbia fatto dono delle reliquie. Tant’è vero che in seguito, impietosito dalle condizioni in cui versavavano a Capraia le sacre ossa, coperte di muffa per le infiltrazioni di acqua, invece di farne il pretesto per riportarle nella cappella della sua villa, nel 1758 fece addirittura costruire a sue spese nella chiesa di S. Stefano un nuovo altare dove la Santa potesse stare all’asciutto.
Alla Santa, che era una bambina, veniva attribuita proprio la protezione dei fanciulli. Si racconta che una bimba, un giorno cadde dalla grotta del Castello giù sulla riva dell’Arno. Tutti si misero le mani nei capelli e accorsero disperati. Arrivati sotto la trovarono viva e vegeta. Una bambina vestita di rosso l’aveva presa per mano e sorretta mentre precipitava. E chi altro poteva essere stato se non la piccola Grania. Divenne così la protettrice dei bambini in pericolo di vita, i quali, una volta salvi, raccontavano tutti di essere stati soccorsi dalla fanciulla vestita di rosso.
Ma pure nelle campagne la Santa era assai venerata. Per la sua festa rose e fiori di bosco venivano benedetti. Seccati e custoditi con devozione insieme alle immagini sacre, venivano poi lanciati in aria quando si addensavano neri nuvoloni, per rompere e allontanare bufere e grandinate, letali per i raccolti.
Ma la cosa più spettacolare sono poi “i fochi di Santa Grania”. La sera del primo maggio, all’imbrunire, nel paese alto sull’Arno, si accendono decine di grandi falò, che vanno a riflettersi nel fiume, e danno l’idea di un paese in fiamme. Sull’origine di questa usanza si racconta che è in ricordo di quando i Capraini , muniti di torce e fiaccole, durante la notte andavano per i campi alla ricerca delle reliquie scomparse da Capraia. Quel corpo che poi, sempre di notte, tornava nella chiesa del paese. E non da solo, verrebbe da pensare.
Ma voglio chiudere con un’altra annotazione. I fuochi si facevano la sera del primo maggio, e al mattino a Empoli c’era un grandioso corteo, una manifestazione allora vera e sentita, di lotta di tutti i lavoratori. Ebbene, se il Castello, era la roccaforte della Capraia bianca e bacchettona, dalle campagne, i contadini, in gran parte mezzadri, partivano con i loro trattori imbandierati di rosso, per dare il loro contributo e sfilare ad Empoli. La sera, deposte le bandiere rosse con falce e martello, facevano a gara a gettare fascine nel fuoco sull’aia, per fare un falò più alto e di più lunga durata degli altri, soprattutto di quelli del paese. Era ancora il piccolo mondo di Beppone e Don Camillo.
La foto è dell’urna della Santa precedente a quella attuale, rifatta negli anni ’50 insieme a una cappella a lei dedicata.